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Adolescence, un crudissimo capolavoro dei nostri tempi

Settembre 2, 2025
Posted in OPINIONI
Settembre 2, 2025 Roberto Cosentino

Adolescence, un crudissimo capolavoro dei nostri tempi

Un format ibrido, tra cinema e serialità

Attenzione: il blog post potrebbe presentare spoiler

Sono passati mesi dall’uscita di Adolescence sui piccoli schermi, ma ho avuto solo ora la possibilità di guardarlo. Una serie che dipinge un affresco contemporaneo tanto crudo quanto tangibile, ma che riesce a distinguersi anche per la sapiente regia e per la straordinaria interpretazione da parte degli attori.

Si potrebbe parlare per ore, ad esempio, del piano sequenza che regna sovrano in tutti e quattro gli episodi di circa cinquanta minuti l’uno. Un film lungo o una serie breve, quale che sia è un format ideale per esaurire quanto è necessario dire con i giusti tempi e i giusti modi, pur sollevando interrogativi e domande lasciate aperte. Semplicemente perché non a tutto si può dare una risposta, specie in contesti simili.

Per quanto cruda e altresì veritiera, una serie simile andrebbe proposta nelle scuole, perché non cela alcun lato umano e alcun aspetto dei personaggi della storia. Quasi uno scritto verista (e verosimile) di quello che potrebbe accadere, è accaduto o accadrà, quando si configura un reato di femminicidio, specie in giovani e giovanissimi. Difficile non ricordare, nel corso della visione, di Giulia Tramontano, Giulia Cecchettin, Sara Campanella. Delitti commessi da giovani sì, non giovani come Jamie Miller, interpretato da un monumentale 16enne Owen Cooper, ma giovani.

Una serie trasversale che non dimentica di approfondire l’abisso in cui si ritrova improvvisamente la famiglia del carnefice. Ma viene tralasciata la parte della famiglia della vittima, quasi come volesse proteggerne la privacy e rispettarne il dolore. In un passaggio cruciale, più o meno a metà serie, i due detective che portano avanti le indagini, affrontano proprio questo elemento. In particolare, si domandano se sia giusto che venga dato più spazio all’assassino che alla vittima. Ma come uno ricorda all’altro, tutto questo viene fatto per dare giustizia alla ragazza uccisa, Katie. Il viaggio di Adolescence, infatti, cerca di approfondire cosa si nasconde nelle mura di una cameretta di un tredicenne che possa condizionarlo, istigarlo e infine portarlo a diventare un assassino. Quasi come instillare nella mente dello spettatore quegli elementi che possono essere nascosti agli occhi di chi invece dovrebbe accorgersene, quasi come creare una sorta di vaccino in comportamenti e costrutti distorti che possono portare poi ad eventi tragici.

Sono diversi gli occhi che possono guardare questa serie. Chi è genitore difficilmente non si porrà domande o non resterà scosso dalla magistrale interpretazione di Stephen Graham, nel ruolo del papà di Jamie Miller, Eddie Miller. Le volte in cui entra in scena Graham dà vita ad un Miller straziante e in cui è facile immedesimarsi. Viene quasi difficile dire che interpreta il personaggio del padre del giovane assassino. Lo porta letteralmente in vita. Ma Adolescence è in grado di far immedesimare chiunque e spingerlo, volente o nolente, a calarsi nei panni dei protagonisti. Dagli amici, ai parenti, agli insegnanti, agenti, e così via.

E potrebbe non essere un caso che il protagonista sia così giovane. Trattandosi di un girato sì crudo, è però destinato davvero a chiunque. Nel corso della serie i genitori di Jamie si domandano cosa mai abbiano sbagliato nell’impartire l’educazione al figlio. A prescindere dalla responsabilità penale e dalla patria potestà verso il ragazzo, concretamente non hanno responsabilità sul delitto. Ma hanno avuto certo quella di crescere – fino a prima dell’assassinio – nella crescita del giovane come persona. Ma è anche vero che hanno cresciuto la primogenita Lisa, profondamente diversa dal fratello Jamie. L’espediente di scegliere un ragazzo così giovane, può fungere come leva educativa e infondere un po’ di consapevolezza nelle personalità ancora in formazione (e quelle già formate) e che potrebbero trovare in un capolavoro sì crudo, ma necessario, un elemento formativo.

Cosa mi è piaciuto di questa serie? La bravura degli attori, tutti, nessuno escluso. Saper vestire i panni di personaggi così complessi e riuscire a girare un episodio intero, più volte, senza mai fermarsi, è qualcosa di quanto più simile al teatro possa esistere, al netto di tutte le difficoltà che scene simili e imprevisti possono causare. La durata è perfetta. La strategia dell’opera è quella di saper inchiodare al divano lo spettatore con una trama solida e un cast, forse non da urlo, ma sì di talento. Niente momenti morti, niente colpi di scena strategici, niente momenti didascalici inutili. L’opera va consumata, digerita, elaborata e fatta sedimentare. Un episodio in più sarebbe stato di troppo, uno in meno, troppo poco. Adolescence non vuole commuovere, non vuole dare risposte, vuole invitare a riflettere e a crescere, a qualsiasi età.

Da vedere. Con molto coraggio. Ma da vedere.

PS: consiglio di leggere anche l’articolo del collega Giacomo Fasola del Corriere della Sera che analizza un aspetto che non andrebbe perso di vista: ovvero il ruolo dei padri.